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Strategie, contenuti, social media optimization, le sfide del 2014

sfidefutureEssere pronti ad affrontare un mercato affascinante e allo stesso tempo complesso, come quello del web è una sfida che non possiamo non affrontare con cognizione di causa e con gli strumenti e le strategie giuste. Ne parleremo nel corso del 2014, ecco cosa ne penso:
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Per approfondire scrivimi:

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Strategie, Contenuti, Social Media Optimization, come cambia, su web, la strada verso il successo

bivio1Se il 2013 è stato l’anno che ha consacrato i contenuti come fondamentali per l’affermazione di un’azienda, un brand, un prodotto, sulla rete, il 2014 è l’anno dell’esaltazione di questo concetto e, quindi, anche dell’aumento esponenziale della produzione di contenuti da parte degli attori della rete.

Bisognerà avere la capacità di emergere in quello che certamente sarà un mare di contenuti.

A questo punto chi vincerà, chi avrà successo?

Vincerà chi saprà coniugare, in un progetto di utilizzo del web, come canale di vendita o di potenziamento del proprio mercato, la propria capacità di analisi, le giuste conoscenze delle dinamiche della rete, dei suoi strumenti e dei suoi attori, con una capacità strategica e di verifica periodica dei risultati rivenienti dalla propria attività on line. Senza dimenticare la prontezza e la capacità di correggere la rotta, ove necessario.

Strategie, qualità dei contenuti e un’intensa attività di Social Media Optimization aiuteranno i protagonisti della rete ad avere successo.

Proveremo a raccontarci questa strada verso il successo e le sue tappe qui, sul mio blog, e nelle varie tappe di SMAU 2014, a cominciare da Bari

Webstrategy: Sul web con un Ecosistema, un possibile caso

ecosistemaweb“Non è importante sapere dal cliente o chiedere al cliente come vuole affrontare la nuova avventura sulla rete o utilizzando i nuovi media, ma è importantissimo sapere dove il cliente vuole arrivare. In pratica quali sono i suoi obiettivi, quali sono le strategie aziendali per raggiungerli, che cosa l’azienda al suo interno e sul mercato  (quali strategie commerciali e organizzative) sta per mettere in campo per poter raggiungere tali obiettivi”.

Riprendo questo concetto espresso qualche post fa per scongiurare un errore di fondo che spesso facciamo quando vogliamo progettare una presenza su web di un’azienda e cioè quello di sederci a parlare di come dovrà essere il sito internet.

E’ come se, data la necessità di una cura, ci soffermassimo a discutere se è meglio prendere l’aspirina prima o dopo i pasti.

Partiamo dal cosa vogliamo fare e supponiamo che l’azienda che abbiamo di fronte voglia far emergere la propria capacità di seguire il cliente, di affiancarsi ad esso e di essere pronta ad aiutarlo nel cambiamento.

E’ chiaro che in un caso come questo l’azienda in questione “vende” sé stessa attraverso due concetti particolari: la propria filosofia aziendale che le consente di essere “diversa” dalle altre e le persone, coloro i quali, cioè, saranno in grado di affiancare il cliente e aiutarlo a puntare nella direzione che desidera e ad ottenere il cambiamento.

Diciamo che certamente il sito internet sarà il luogo dove i possibili interlocutori dell’azienda arrivano e “notano”, sentono a pelle la diversità, l’originalità e l’efficacia di ciò che gli si va a proporre. Notano la differenza, la respirano.

Il sito internet di quest’azienda quindi non sarà una vetrina di prodotti o un’elencazione di servizi, ma un luogo dove rimanere stupiti, dove scoprire punti di vista fino ad ora inesplorati e dove, si capisce con forza che quell’azienda “ha a cuore” i propri clienti. Dove viene fuori non tanto l’enunciazione del “chi siamo”, quanto la domanda “chi siete”, ci “piace” conoscervi per occuparci di voi.

Ma il sito internet dell’azienda non potrà essere isolato, dovrà essere “accompagnato” da un blog aziendale dove raccontare storie, dalle storie delle persone che “abitano” l’azienda e magari dai blog di queste persone con i riferimenti all’attività sui social network e il collegamento a quanto avviene nella loro rete sociale e in quella dell’azienda.

L’azienda avrà i suoi spazi di dibattito e relazione, su Facebook, su Twitter, su Linkedin, su Youtube, su Pinterest e i suoi spazi di condivisione della conoscenza su Slideshare.

Un ecosistema abitato, quindi, dove è bello vivere l’esperienza di esserci. Un’ azienda che promette il cambiamento non può che dimostrare il suo. 

Webstrategy: Ma un progetto per il web è un sito ?

businessonlineSe non dobbiamo partire sul web dal “come”,  cioè da quali strumenti dobbiamo usare, allora vuol dire che dovremo porci la domanda del “dove” vogliamo arrivare e cioè “voglio sbarcare con la mia azienda su internet per… ” e cioè ancora, domanda fondamentale: “perché voglio sbarcare con la mia azienda su internet ?”.

Per riposizionare il mio brand, per avere una presenza istituzionale, per migliorare la percezione che i miei clienti hanno della mia azienda o dei miei prodotti, per vendere, per aprire un nuovo mercato, per trovare nuovi clienti attraverso un attività di relazione on line.

Diciamolo subito, non si arriva ad utilizzare internet come canale aziendale sempre e comunque allo stesso modo, utilizzando gli stessi strumenti, per cui non è detto assolutamente che il “sito internet” inteso nel senso tradizionale del termine sia per forza la strada da seguire.

Ad esempio è ben diversa la progettazione di un sito pensato per essere “immagine istituzionale” dell’azienda da un sito che diventa un canale di vendita, un sito dove i clienti possono acquistare direttamente i prodotti e i servizi che l’azienda propone.

Altro aspetto di cui tenere conto è che pensare oggi che con un sito si sia “presenti” su internet è un altro mito da sfatare. Oggi su internet dobbiamo, per forza di cose, parlare di “ecosistema aziendale” su web. Cioè un insieme di presenze che contribuisce a rafforzare e a “garantire” la presenza dell’azienda sulla rete.

Se per il sito istituzionale forse, e sottolineo forse, potrebbe bastare una presenza on line del sito con il dominio dell’azienda e una buona attività di SEO (con tutti i limiti della SEO di cui ho parlato in precedente post) e, magari, auspicabilmente, una buona presenza con una pagina Fan su Facebook, su Twitter e su Google Plus.

Se dobbiamo pensare a un sito per la vendita allora le cose cambiano perché, insieme al sito di e-commerce va dispiegata sulla rete una vera e propria forza vendite aziendale, che svolga la sua attività di supporto alla vendita e di vendita, attraverso tutta una serie di strumenti da mettere in campo.

Un sito di e-commerce è il luogo di “atterraggio” dell’attività che l’azienda svolge on line. Vuol dire che l’azienda deve programmare  bene: obiettivi di vendita, strategie, politiche di prezzo, studio della concorrenza on line, ipotizzare come differenziarsi, scegliere gli strumenti, mettere in campo una squadra preparata a questo tipo di attività.

E’ chiaro che la piattaforma di vendita dovrà essere semplice da utilizzare, deve essere “disegnata” per mettere in risalto ciò che effettivamente vogliamo mettere in risalto, consentire interazione con i clienti, consentire facili modifiche anche di impaginazione dei prodotti in vendita, delle offerte, di eventuali scontistiche, di coupon da compilare, di strumenti di fidelizzazione della clientela eccetera, eccetera.

Tutto intorno, appunto nell’ecosistema aziendale, ci devono essere strumenti social in grado di sostenere l’attività di vendita e di engagement, un blog in grado di sostenere “il racconto” di prodotti e servizi, di eventuali esperienze da parte di clienti, di notizie utili, la partecipazione a community o a gruppi nei quali si discute di temi vicini ai prodotti e ai servizi che si mettono in vendita, capacità di ascolto ed empatia da parte di chi lavora all’attività di engagement, una organizzazione aziendale in grado di rispondere velocemente sia nell’evasione degli ordini e nelle richieste dei clienti, sia nella parte di assistenza post vendita al cliente stesso. Inutile dire che bisogna saper gestire anche le situazioni di “crisi” con il cliente e le sue eventuali lamentele “pubbliche”.

Ne parleremo approfonditamente anche in qualche prossimo post, ma, per quanto riguarda l’organizzazione, ormai non si può neanche più pensare che i dati e i contatti che si sviluppano attraverso il web possano essere gestiti, per così dire, a mano.

Ecco perché nell’ecosistema aziendale on line bisognerà cominciare a pensare a: un CRM, un sistema di E-mail marketing, un luogo dove raccogliere i dati dei contatti e delle relazioni social, un luogo dove condividere per valutare eventuali Lead generatisi on line ecc. ecc.

Ecco, oggi, sbarcare su web è un’operazione complessa che, per portare risultati, deve essere gestita professionalmente senza tralasciare alcun particolare.

 

Per ulteriori info:

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Webstrategy: Forse prima del “come” sarebbe meglio conoscere il “dove” (o il “cosa”)

webstrategySpessissimo, anzi, quasi sempre ci si trova di fronte a imprese che chiedono un supporto per iniziare la loro avventura di comunicazione, vendita on line o di marketing sulla rete partendo già dal “come” e cioè, quando le incontri, la prima cosa che ti viene detto è: “Sa ho bisogno di un sito internet”, oppure “ho bisogno di una campagna Adwords”, oppure ancora “ho bisogno di una pagina Facebook”.

Uno degli errori più gravi che un consulente, una web agency, una persona che dice di occuparsi di comunicazione può commettere è rispondere: “Ok, come la facciamo sto sito internet“, oppure “come ci muoviamo su Adwords, con che parole ?“, oppure ancora “ok, come la chiamiamo ‘sta pagina fan ?“.

In pratica il consulente in quel momento è preso dalla “sindrome del cameriere“, cioè immagina sé stesso davanti al cliente con giacca bianca e papillon, menù e blocchetto per prendere gli ordini.

Niente di più sbagliato.

Ho già detto più volte che una delle cose fondamentali per poter rispondere ai propri clienti è la capacità di ascolto. In questo caso direi di più: “non è importante sapere dal cliente o chiedere al cliente come vuole affrontare la nuova avventura sulla rete o utilizzando i nuovi media, ma è importantissimo sapere dove il cliente vuole arrivare. In pratica quali sono i suoi obiettivi, quali sono le strategie aziendali per raggiungerli, che cosa l’azienda al suo interno e sul mercato  (quali strategie commerciali e organizzative) sta per mettere in campo per poter raggiungere tali obiettivi”.

Conosciute le reali intenzioni ed aspettative del cliente un buon consulente consiglia e stabilisce con il cliente le strade per poter raggiungere gli obiettivi e i risultati desiderati.

E’ solo a quel punto che si stabilirà, ad esempio, se è più opportuno utilizzare un sito internet aziendale, un sito e-commerce, un blog, una pagina fan, una campagna Adwords, una campagna social, eccetera, eccetera.

O come quasi certamente sarà… un insieme di tutte queste cose e, forse, di molte altre ancora, come vedremo nei prossimi post.

Evitate quindi di scegliere il “come” prima del “dove” volete arrivare o del “cosa” volete ottenere e diffidate di chi si presta ad essere il “vostro cameriere”.

 

Per ulteriori approfondimenti non avete che da contattarmi:

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Webstrategy: E se per un po’ pensassimo a un Temporary Manager ?

business toolsPer Temporary management si intende l’affidamento della gestione di un’impresa o di una sua parte a manager altamente qualificati e motivati, al fine di garantire continuità all’organizzazione, accrescendone le competenze manageriali già esistenti, e risolvendone al contempo alcuni momenti critici, sia negativi (tagli, riassestamento economico e finanziario) che positivi (crescita, sviluppo di nuovi business)…

Inizia così l’ampio paragrafo dedicato da Wikipedia al Temporary Management. In effetti, soprattutto all’estero, ma la cosa sta cominciando a prendere piede anche in Italia, le aziende, quando in difficoltà, o quando vogliono intraprendere nuove strade e sviluppare nuovi business, decidono di affidarsi temporaneamente a dei manager in grado di aiutarle in quella determinata fase e, allo stesso tempo, di trasferire al management e al personale interno la conoscenza sufficiente per poter poi camminare da soli.

Spesso si pensa che possa essere oggetto di Temporary Management solo un’attività gestionale o un’attività di alta strategia aziendale come può essere per esempio un attività di marketing puro o di riorganizzazione del personale, della logistica, dei costi aziendali ecc.

A pensarci bene, invece, potrebbe essere una cosa buona pensare al Temporary Management anche per attività più “semplici” (si fa per dire) come potrebbero essere attività di creazione di un canale sul web aziendale, di un canale di vendita on line, di un’attività di engagement, di comunicazione, di diffusione dei contenuti e quant’altro.

Come dicevo in qualche precedente post oggi è prioritario, utilizzare gli strumenti che la rete mette a disposizione, instaurare con i clienti una relazione, un rapporto di fiducia e di dialogo. In pratica riuscire a fare on line quello che si è normalmente abituati a fare nei propri uffici, nei propri negozi, nelle relazioni con i propri clienti.

Non è semplice dall’oggi al domani però improvvisarsi utilizzatori, anzi, protagonisti del web, ecco perché anche in questo campo l’aiuto di un Temporary Manager può essere utile a partire e a trasferire conoscenze e strategie utili a poter fare poi da soli.

 

Per ulteriori chiarimenti non esitare a contattarmi:

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Webstrategy: Sapersi raccontare, chiave strategica per il successo

raccontarsiPerdiamo molto spesso tempo a disquisire se uno strumento, un accorgimento tecnologico, una piattaforma, un software possano o meno contribuire al successo dell’azienda.

Certamente scelte giuste non possono che favorire tale obiettivo che è poi l’obiettivo di tutte le aziende e di tutti gli imprenditori.

Spesso però ci dimentichiamo che gli strumenti possono favorire il contatto, l’engagement non certo generarlo.

Il contatto, anche nella vita reale, tra persone si genera se c’è interesse. Se ciascuno genera interesse nell’altro tanto da innescare una sorta di scambio vicendevole e “piacevole” di informazioni, sempre più dettagliate, sempre più intime.

L’interesse nel business nasce se ognuno riesce a soddisfare appieno le esigenze dell’altro e se ciascuno riesce a intravedere nell’azione, nell’offerta dell’altro un vantaggio concreto per sé stesso.

Per fare ciò on line non si può fare altre che risultare interessanti attraverso il racconto di sé, della propria attività, del proprio prodotto, della propria iniziativa.

Produrre contenuti interessanti, fare in modo che risultino utili per chi legge, guarda, ascolta e condivide, è fondamentale ed aumenta di moltissimo la capacità di “relazione” dell’azienda.

Essere interessanti però, specialmente nell’epoca della “verità mediatica”, non può voler dire raccontare “storie”… Cioè falsità. Vuol dire essere trasparenti e fedeli al proprio essere in maniera che anche altri possano apprezzarne la veridicità (il valore) condividendo e rafforzando il vostro messaggio.

Sapersi raccontare oggi significa: saper scrivere un buon post con un titolo accattivante, realizzare una buona infografica su un argomento di interesse comune, un bel video, condividere belle immagine, dare informazioni utili, “regalare” consigli…

 

Per chi vuole ulteriori info. Basta un contatto:

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La SEO è morta !? Viva la Social Media Optimization !

seo-vs-smo Intitolava così un articolo di Tim Anderson “The Guardian” alla fine dello scorso luglio. Provo a riportare tali tesi.

Mentre i risultati di ricerca di Google buttano fuori sempre più annunci, utilizzare la SEO per raggiungere il pubblico sta diventando sempre più inutile, e aggiungerei io più difficile.

La domanda è: Può la Social Media Optimization essere la risposta a un’indicizzazione nei motori sempre più sostituita da annunci pubblicitari (AdWords) di vario genere?   Oggi le aziende, coloro che investono in comunicazione su internet, hanno bisogno di prendere in considerazione il fatto che l’interazione sulla rete è sempre più incentrata sul cliente, anzi, direi, instaurata con il cliente. Ecco che l’attenzione nell’ottimizzare la propria comunicazione deve essere sempre più rivolta all’attività che si svolge sui (nei) Social Network, piuttosto che puntare semplicemente a un’attività, sia pure strategica, dedicata all’ottimizzazione delle pagine web nella speranza che Google & C. possa prenderle in considerazione.

La Search Engine Optimization (SEO) è sempre stato un modo di operare, se vogliamo imperfetto. Molto spesso ci si è limitati a migliorare i contenuti web per i robot dei vari motori di ricerca rendendoli però illeggibili o poco chiari per i lettori, per gli utenti dei siti in questione. Senza contare la possibilità di sbagliare la frase di ricerca veramente “ricercata” dagli utenti.

In altri casi, magari si è scelto, ad esempio titoli di pagina incomprensibili ai più tranne che agli algoritmi di ricerca. Mi si dirà, ma se sei un buon SEO Specialist allora questo non accede, vero, ma non sempre.

Secondo Anderson la SEO sta morendo tanto è vero che lui cita un post, diciamo “scottante”, di Dan Graziano nel quale si cita una ricerca effettuata sui risultati proposti da Google nella quale si svela che solo il 13% dei risultati di una ricerca sono “organici”, “il resto sono pubblicità e spazzatura”.

Inoltre, nell’articolo è citato un rapporto di Forrester su come gli utenti della rete nel 2012 hanno trovato i siti da loro ricercati. Il rapporto mostra come i social media stiano recuperando terreno rispetto alla ricerca sui motori e che attraverso di essi vengano raggiunti il 32% dei siti cercati a fronte del 54% raggiunto attraverso la ricerca sui motori.

Un’altra ragione che spinge a pensare che la SEO tradizionale sia in declino è l’utilizzo sempre maggiore di dispositivi mobili che ovviamente puntano sempre più a restituire risultati geolocalizzati magari attraverso l’utilizzo di App.

Forse oggi è meglio cominciare a pensare di interagire direttamente con i propri clienti o potenziali tali. E’ meglio cominciare ad organizzare una migliore comunicazione sui social network anche per meglio essere presenti e visibili sui motori di ricerca.

Le raccomandazioni, il conteggio degli amici o dei fan, dei follower e il loro coinvolgimento potrebbe portare, se fatto bene sempre maggiori risultati per il sito che si intende promuovere. Molto più di un qualsiasi algoritmo non di vostra proprietà

Ma cosa significa ottimizzare l’attività sui social? Ovviamente la comunicazione, anzi la conversazione che va messa in piedi deve essere ben pensata e coinvolgente  che si usino immagini, video, testi, un bel titolo, un sondaggio o qualsiasi altra cosa. L’obiettivo, appunto è essere coinvolgenti e non pensare solo di trasmettere messaggi. Un messaggio senza ritorno è come una bottiglia inviata da un’isola deserta che non raggiunge il destinatario.

Bisogna imparare ad “ascoltare” i dialoghi sui social e agire sui risultati che vengono fuori. Bisogna imparare ad utilizzare un buon hashtag su Twitter, significa essere reattivi e presenti, significa saper rispondere cordialmente, esaurientemente e tempestivamente.

Importante è poi saper integrare i vari canali e fare in modo che puntino al target, sito, prodotto, landing page, azione concreta (acquisto, iscrizione newsletter ecc.) che si vuole ottenere dai vostri contatti.

Ovvio, non è che queste cose siano facili da implementare dalla sera alla mattina, ma oggi supporto e consulenti, tecnologie, formatori possono aiutare l’azienda a fare le scelte giuste e a mettere in campo un potenziale in grado, magari, di incrementare le vendite, ma anche e, soprattutto, di trasformare l’esperienza del cliente.

Il SEO sta morendo? Cambierà ? Una cosa è certa, quello di oggi non ci mancherà !

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