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Donne & Brand Identity: Rivedi l’intervista!

Venerdì 8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, vi invitiamo a una diretta live streaming su Donne & Brand Identity.

Insieme a noi, Monia Ciocioni, esperta di marketing e comunicazione, e Michele Dell’Edera, brand strategist, discuteranno di come le donne influenzano e sono influenzate dai brand, con un focus su:

  • Stereotipi di genere nella comunicazione: come i brand li perpetuano o li contrastano.
  • Empowerment femminile: il ruolo dei brand nel promuovere l’uguaglianza di genere.
  • Donne come creatrici e leader: il loro impatto sulla brand identity.

Un’occasione per riflettere su come le donne possono costruire la propria identità di brand e affermarsi nel mondo del lavoro e non solo. Racconto di casi concreti. Durante la diretta sarà possibile porre domande tramite i commenti sui vari canali social dell’evento.

Azienda, proposta di valore, user experience, web strategies, è sempre una questione di persone

 

Ho messo al centro delle mie riflessioni rispetto al lavoro da mettere in campo in un’attività che veda protagonista la rete come strumento di comunicazione, relazione o vendita, le persone.

La rete, sia pure come strumento digitale, l’ho sempre vissuta come un “luogo”, una piazza nella quale incontrare persone, professionisti, manager, imprenditori. Quindi persone prima di “partite IVA”.

Un’Azienda quando decide di sbarcare o potenziare il suo business su web, non può che avere bene in mente i suoi obiettivi di business e la proposta di valore che vuole offrire ai suoi clienti. Avere bene in mente le persone che compongono la squadra aziendale, l’esperienza che si vuole offrire ai propri clienti nel processo decisionale che li porterà a scegliere o a vivere l’esperienza d’acquisto, le strategie da mettere in campo sul web.
In tutti questi processi, le persone sono protagoniste ed entrano in relazione.

Clienti, squadra aziendale, utenti del sito e dell’ecosistema aziendale non sono altro che persone. E’ su di loro e con loro che deve essere concentrato il nostro lavoro.

Avrò il piacere di parlare con voi di questo a SMAU il prossimo 26 ottobre alle 12,30, a FieraMilanoCity presso l’Arena Open Innovation a cura di Regione Lombardia. 

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Showrooming, con la concorrenza in tasca

ShowroomingCon l’avvento dell’utilizzo di massa degli Smartphone (e tablet) si sta diffondendo sempre più lo showrooming.

Cos’è ? In pratica si va in un negozio, si osserva un prodotto, in alcuni casi si prova (abbigliamento – scarpe) o si annusa (un profumo), si chiede o si scannerizza la matricola o il codice prodotto (elettronica o altro) e, poi, nello stesso negozio o a casa, si ricerca lo stesso prodotto, con le stesse caratteristiche o lo stesso codice e si ordina on line al prezzo più conveniente. In questo modo, il punto vendita non è più il punto d’arrivo del cliente, ma diventa il punto di partenza, una sorta di showroom nel quale “toccare con mano” il prodotto per poi poterlo acquistare senza rischi di sbagliare on line.

Con i comparatori di prezzo on line questa ricerca diventa ancora più semplice. Se prima il peso della concorrenza si sentiva in base alla capacità che essa aveva di portare, con campagne pubblicitarie e iniziative varie, i clienti presso i propri negozi, oggi la concorrenza “entra” direttamente nel negozio del competitor in tasca ai nostri potenziali clienti. Una guerra quindi senza confini e anche invisibile, dalla quale è difficile difendersi.

Attenzione perché questo tipo di comportamento, proprio perché basato su device mobili che sempre più stanno acquistando mercato nella nostra vita non possiamo considerarlo un fenomeno di moda, ma un fenomeno che sempre più andrà a consolidarsi e, se oggi appare diffuso in altri paesi, in realtà comincia ad essere molto presente anche in Italia.

Quanto più nei negozi si attivano sistemi self-service e si sposta tutto sull’assistenza post-vendita tanto più si può essere “vittime” dello “showrooming”.

E’ necessario quindi offrire ai propri clienti sempre più servizi personalizzati attraverso la presenza di personale qualificato e in grado di cogliendone i desideri, gli interessi, i bisogni, le preoccupazioni.

E’ chiaro che il prezzo resta importante, ma è anche dimostrato che il prezzo non è la leva maggiore per effettuare le proprie scelte d’acquisto.

Bisogna quindi investire sulla propria squadra in store potenziandone anche il brand personale, la capacità di essere attenti al cliente e la professionalità.

In pratica, secondo alcuni studi i clienti non fanno “showrooming” solo perché vogliono il prezzo migliore, ma lo fanno soprattutto perché evidentemente così danno risposta a una possibile mancanza di servizio. In assenza di servizio e assistenza, scelgo il prezzo.

Anche la creazione di eventi particolari in negozio, e la contemporanea applicazione di scontistica (oppure originalità nell’offerta) in quel momento, possono essere una risposta valida allo “showrooming”.

Con offerte particolari e poco assimilabili, anche nella loro ideazione e concezione a quelle della rete, sarà possibile fidelizzare il cliente e convincerlo del fatto che on line non sarà assolutamente possibile ottenere ciò che si sta ottenendo in store. In pratica il vostro “brand” avrà preso il sopravvento sulla capacità e voglia di acquistare on line.

E’ possibile creare o potenziare le proprie community di clienti fedeli attraverso proposte e offerte esclusive e irripetibili che, rese esclusive per chi resta fedele al negozio. Esse potranno convincere i vostri clienti che lo smartphone o il tablet sono assolutamente inutili per quel tipo di acquisti.

Certo c’è da lavorare e da adeguarsi ai tempi, ma se si lavora bene il contatto diretto con il cliente potrebbe essere ancora molto determinante. Allearsi poi con qualche fornitore facendolo diventare vostro partner in qualche iniziativa può essere poi un’ulteriore risposta.

Insomma lo “showrooming” è un grande rischio per il commercio oggi, ma può essere sconfitto anche qui con adeguate e coraggiose strategie e iniziative ad esempio:

  1. Avere addetti alle vendite professionalmente in grado di servire i propri clienti e ritenuti da loro punto di riferimento (attività di branding personale)
  2. Ideare e realizzare momenti dedicati a offerte e anteprime irripetibili on line.
  3. Avere nei fornitori dei veri e propri partner in grado di supportarvi nella sconfitta della concorrenza on line
  4. Fornire sempre un servizio straordinario ai vostri clienti.
  5. Utilizzare anche la rete per fidelizzare i vostri clienti

Piccole e antiche attenzioni che, in fondo, possono tenere lontani nuovi e insidiosi nemici.

Vuoi approfondire tematiche legate al tema trattato, al personal branding, all’utilizzo strategico di internet ?

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Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’ascolto

Two twin little sister girls whisper in earSe c’è una cosa nella vita di tutti i giorni che non sappiamo fare più, e che invece è di fondamentale importanza, è prestare attenzione a quello che gli altri dicono.

Ciascuno prova con il proprio “tono di voce” a coprire l’altro senza curarsi di quello che sta dicendo.

Siamo nell’era degli urlatori nonostante tutto riconduca, anche gli strumenti web 2.0, a una vita fatta di relazioni e non di sola comunicazione.

Quando ci si vuole divertire in un gruppo di persone e si vuole stimolare la capacità di ascolto (magari provate a farlo)dell’altro ci si mette in cerchio, spezzando a un certo punto questo cerchio. In quel punto si mette l’animatore del gioco che sussurra all’orecchio della persona alla sua sinistra (o alla sua destra) una piccola frase con l’impegno che questi sussurri alla persona al suo fianco la stessa frase. Il gioco consiste nel far arrivare questa frase così com’è partita all’ultima persona del cerchio, quella che si trova alla destra dell’animatore del gioco. A questo punto l’ultima persona ripete ad alta voce la frase. Non si è mai verificato un caso in cui la persona che chiude il gioco dica la frase esattamente come sia partita…

Un po’ partendo da questo gioco, ho provato su Facebook, a seguire delle discussioni partite da post con tematiche precise, ebbene dopo 10/20 post al massimo il tema della discussione è quasi totalmente cambiato o non ha avuto più alcuna attinenza con ciò che in partenza era stato scritto.

Questo vuol dire che siamo sempre più portati a dire il nostro punto di vista, piuttosto che ascoltare quello degli altri, o, addirittura a dire la nostra a prescindere dal fatto che gli argomento di partenza sia in qualche modo collegabile a quello è il nostro intervento.

Eppure l’ascolto è fondamentale. Perché per fare in modo che le idee, i progetti, i prodotti le proposte circolino, c’è bisogno di condividerle e farle condividere e per creare relazione c’è bisogno di conoscere il punto di vista di chi ci sta di fronte… E come fare a conoscere il punto di vista dell’altro se non ascoltandolo…

L’ascolto è la base di partenza per poter impostare in modo nuovo e adeguato la propria vita professionale e aziendale.

Per Contatti e approfondimenti non esitate a scrivermi:

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Webstrategy: E se per un po’ pensassimo a un Temporary Manager ?

business toolsPer Temporary management si intende l’affidamento della gestione di un’impresa o di una sua parte a manager altamente qualificati e motivati, al fine di garantire continuità all’organizzazione, accrescendone le competenze manageriali già esistenti, e risolvendone al contempo alcuni momenti critici, sia negativi (tagli, riassestamento economico e finanziario) che positivi (crescita, sviluppo di nuovi business)…

Inizia così l’ampio paragrafo dedicato da Wikipedia al Temporary Management. In effetti, soprattutto all’estero, ma la cosa sta cominciando a prendere piede anche in Italia, le aziende, quando in difficoltà, o quando vogliono intraprendere nuove strade e sviluppare nuovi business, decidono di affidarsi temporaneamente a dei manager in grado di aiutarle in quella determinata fase e, allo stesso tempo, di trasferire al management e al personale interno la conoscenza sufficiente per poter poi camminare da soli.

Spesso si pensa che possa essere oggetto di Temporary Management solo un’attività gestionale o un’attività di alta strategia aziendale come può essere per esempio un attività di marketing puro o di riorganizzazione del personale, della logistica, dei costi aziendali ecc.

A pensarci bene, invece, potrebbe essere una cosa buona pensare al Temporary Management anche per attività più “semplici” (si fa per dire) come potrebbero essere attività di creazione di un canale sul web aziendale, di un canale di vendita on line, di un’attività di engagement, di comunicazione, di diffusione dei contenuti e quant’altro.

Come dicevo in qualche precedente post oggi è prioritario, utilizzare gli strumenti che la rete mette a disposizione, instaurare con i clienti una relazione, un rapporto di fiducia e di dialogo. In pratica riuscire a fare on line quello che si è normalmente abituati a fare nei propri uffici, nei propri negozi, nelle relazioni con i propri clienti.

Non è semplice dall’oggi al domani però improvvisarsi utilizzatori, anzi, protagonisti del web, ecco perché anche in questo campo l’aiuto di un Temporary Manager può essere utile a partire e a trasferire conoscenze e strategie utili a poter fare poi da soli.

 

Per ulteriori chiarimenti non esitare a contattarmi:

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Webstrategy: Sapersi raccontare, chiave strategica per il successo

raccontarsiPerdiamo molto spesso tempo a disquisire se uno strumento, un accorgimento tecnologico, una piattaforma, un software possano o meno contribuire al successo dell’azienda.

Certamente scelte giuste non possono che favorire tale obiettivo che è poi l’obiettivo di tutte le aziende e di tutti gli imprenditori.

Spesso però ci dimentichiamo che gli strumenti possono favorire il contatto, l’engagement non certo generarlo.

Il contatto, anche nella vita reale, tra persone si genera se c’è interesse. Se ciascuno genera interesse nell’altro tanto da innescare una sorta di scambio vicendevole e “piacevole” di informazioni, sempre più dettagliate, sempre più intime.

L’interesse nel business nasce se ognuno riesce a soddisfare appieno le esigenze dell’altro e se ciascuno riesce a intravedere nell’azione, nell’offerta dell’altro un vantaggio concreto per sé stesso.

Per fare ciò on line non si può fare altre che risultare interessanti attraverso il racconto di sé, della propria attività, del proprio prodotto, della propria iniziativa.

Produrre contenuti interessanti, fare in modo che risultino utili per chi legge, guarda, ascolta e condivide, è fondamentale ed aumenta di moltissimo la capacità di “relazione” dell’azienda.

Essere interessanti però, specialmente nell’epoca della “verità mediatica”, non può voler dire raccontare “storie”… Cioè falsità. Vuol dire essere trasparenti e fedeli al proprio essere in maniera che anche altri possano apprezzarne la veridicità (il valore) condividendo e rafforzando il vostro messaggio.

Sapersi raccontare oggi significa: saper scrivere un buon post con un titolo accattivante, realizzare una buona infografica su un argomento di interesse comune, un bel video, condividere belle immagine, dare informazioni utili, “regalare” consigli…

 

Per chi vuole ulteriori info. Basta un contatto:

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Oddio… Parlano male di Me !

Quando qualcuno, che non frequenta molto internet, ci chiede se e come verificare la sua reputazione on line, la prima cosa che gli diciamo è: “Vai su Google, digita il tuo nome, o quello della tua azienda e vedi cosa ne viene fuori”.

Se il tizio, come dice, non è presente on line, non ne verrà fuori nulla, verrà fuori qualche omonimo, oppure il suo nome sarà citato in qualche elenco telefonico, di città, o similari.

Se è così, tutto bene, c’è lavoro da fare, ma bisogna iniziare da zero.

Se però, sempre lo stesso tizio, viene da noi o ci telefona tutto trafelato dicendoci: “Oddio… sono andato su Google come mi hai detto e parlano male di me”, allora la faccenda si fa più complicata… e diaciamo che si comincia da -10.

La prima tipica domanda che vi farà è: “A chi mi devo rivolgere per far cancellare quelle pagine da Google ?” Leggi il blog

IL WEB 2.0 E LA SOCIAL MEDIA INTEGRATION

Se è vero come è vero, e lo stiamo dicendo da tanto tempo, che il mondo, specialmente con l’avvento dei Social Media, si è spostato sul web e molte delle sue decisioni d’acquisto le prende sul web, è vero anche che non è affatto scontato che basti aprire dei canali social per avere successo in questo nuovo mercato.

Per avere successo bisogna creare relazioni che con il tempo diventino, scusate il gioco di parole, realmente reali.

Innanzitutto cominciamo col dire che se parliamo di una presenza business on line, e quindi di un sito internet aziendale, non possiamo non dire che questo sito debba essere 2.0 e debba perciò prevedere anche tutti quegli accorgimenti che consentano un’integrazione reale con i canali social.

Integrazione social vuol dire che tutti i profili dei social media devono in qualche maniera essere allineati con le funzionalità del sito principale dell’azienda e, ovviamente, viceversa .
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