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Oggi più di ieri la Rete è uno strumento non un fine

Siamo a fine 2020. Dallo scorso febbraio siamo tutti più connessi a causa di questa maledetta pandemia che ha costretto, persone, famiglie, imprese, scuole ed istituzioni a lavorare on line.

Le connessioni internet in casa e non solo degradano e non sono più molto efficienti. In ogni famiglia, ci sono contemporaneamente più persone connesse a Internet per: lavoro, studio, svago.

Ma com’è stato e com’è il rapporto con la rete da parte degli italiani? Interessante lo studio del Censis.

C’è stato un forte aumento dell’utilizzo della rete e anche tanti fruitori sporadici o, non fruitori, si sono affacciati in internet per i più disparati motivi.

Prendiamo solo ad esempio la DAD (Didattica A Distanza). Tanti professori che fino a ieri non utilizzavano la rete hanno dovuto, gioco forza, farlo.

E allora grande utilizzo dei meeting on line per riunioni, lezioni, approfondimenti. Grande utilizzo della messaggistica tipo Whatsapp.

Per molti utenti questa cosa è significato perdere la cognizione spazio-temporale… direi più temporale. Non più riunioni e lezioni negli spazi che nella vita reale avrebbe avuto spazi e tempi ben definiti, ma lavoro on line sempre e comunque.

 

Mi impegno nel volontariato educativo e spesso i ragazzi si dovevano staccare perché ricevevano l’assegno per il giorno dopo anche dopo le ore 20.

E le riunioni? Sempre e in qualunque momento della giornata.

Ci sarebbe bisogno di formarsi per arrivare a un concetto ben preciso:

La rete è un ottimo strumento, ma non può diventare un fine

Si deve dominare lo strumento, non essere dominati dallo stesso. Ci sono dei tempi che sono dettati dall’utilizzo di uno strumento veloce come il web, ma allo stesso tempo bisogna collegare il concetto di:

  • Buona didattica
  • Tempi di apprendimento
  • I tempi della comunicazione on line e differenze con la comunicazione frontale
  • Quali strumenti utilizzare per attrarre l’attenzione con uno strumento che media il rapporto tra docenti e alunni.
  • Coinvolgimento di chi partecipa.

Stessi concetti, sia pure differenti per attenzioni e modalità vanno pensati per gli altri ambiti di comunicazione on line: lavoro, svago, sociale.

Proverò ad approfondire con prossimi miei interventi.

Esperienza negativa ? Disposti ad abbandonare il brand!

Un terzo dei clienti italiani è disponibile a lasciare il brand di riferimento a fronte di un’esperienza negativa, ecco in poche slide quanto emerso da una ricerca  di SAS. L’importanza della customer experience.

Continuare a Vendere… tra crisi e opportunità ecco il “fattore delle 4R”

Nel 2017, in diversi incontri, parlai con imprenditori e commercianti di Showrooming e Webrooming.

Senza entrare di nuovo nel dettaglio di questi due fenomeni mi fermo solo a ricordare che il primo è il fenomeno dell’andare in negozio provare o visionare un prodotto e poi acquistarlo on line, il secondo è la tendenza di vedere un prodotto on line, valutarne le caratteristiche, i prezzi ecc. e poi andare in negozio ad acquistare.

In quel tempo, forse è proprio il caso di dire così, dicevo che questi due fenomeni non dovevano terrorizzare coloro i quali possedevano un negozio o un attività aperta al consumatore finale, ma che anzi doveva essere vista come un’opportunità per allargare il proprio “giro” di clienti.

L’ho detto fino all’anno scorso in alcuni incontri in Confcommercio, ne sono ancora convinto, ma questo 2020 ha cambiato le carte in tavola.

Il lockdown ha messo in ginocchio molte attività e ha spinto alcune a cominciare a pensare ad organizzarsi sul proprio territorio con un mix tra: internet, ritiro della merce nel punto vendita, consegna a domicilio e di vicinato (non consegne da un ecommerce sconosciuto, ma dal negozio fidato o vicino casa).

Un’estensione del negozio in pratica che vede l’esercente essere non più il fornitore del prodotto, ma anche e soprattutto il fornitore del servizio.

Non più il prodotto al massimo ribasso, ma la spesa e gli acquisti da chi più mi fido e da chi “conosco”, dove più mi conviene e il servizio è il migliore.

Molte catene distributive più grosse si stanno organizzando, ma a mio avviso l’opportunità maggiore ce l’avranno i piccoli e medi negozi che saranno in grado di organizzarsi con un buon e-commerce in grado di gestire: ordini, il ritiro in negozio e/o una consegna a domicilio sempre più organizzata quasi in proprio o con collaboratori strettissimi e sostanzialmente diretti.

Tanti anziani e famiglie, ma anche single,  in questo periodo, hanno accentuato l’abitudine di telefonare nel proprio punto vendita per ordinare e ritirare la spesa in negozio o di riceverla a casa.

In un periodo di distanziamento sociale sicuramente questa modalità di fare acquisti ha aperto nuove prospettive per il commercio, direi un buono spiraglio di salvezza.

Certo bisognerà saper cogliere l’attimo, essere creativi e organizzarsi.

C’è da mettere a frutto una sorta di “fattore 4R” molto importante:

  • La RETE della propria clientela
  • La RETE Internet
  • La RETE del passaparola on line e off line
  • Una buona RETE distributiva (quando dico buona intendo dire una logistica ben organizzata e non una logistica “grande” per dimensioni)
Come si progettano i contenuti tra Lead Magnet e ricerca di nuovi visitatori

Non c’è contenitore o strategia di marketing che si possa reggere senza dei buoni contenuti progettati e con degli obiettivi chiari, ma di questo ho già parlato.

Oggi proviamo a chiederci come devono essere i contenuti e dove vanno collocati all’interno di un funnel di marketing.

Il Contenuto (Content Marketing) per La ricerca di nuovi visitatori

Mi riferisco a quelli per il nostro sito e per la valorizzazione del nostro brand, sia esso personale, sia esso aziendale.

Per lavorare a questo obiettivo ci sarà bisogno che i nostri contenuti facciano da front-end, cioè siano loro ad attirare, per argomenti trattati e per modalità di fruizione i nostri possibili visitatori.

In pratica, chi troverà on line, grazie ai motori, o grazie ai social il nostro contenuto sarà spinto a cliccarci sopra e raggiungere quindi il nostro sito.

In questo caso nel post/pagina di atterraggio di chi arriva dovrebbe esserci quantomeno un invito al contatto (a porre domande) in fondo alla pagina con apposito form, oppure un invito ad iscriversi alla nostra newsletter per ricevere degli aggiornamenti.

In ogni caso il primo passo lo avremo fatto, cioè si saremo fatti conoscere, se poi l’interlocutore ci vorrà lasciare anche la sua mail ed entrare quindi nel nostro funnel di marketing tanto di guadagnato.

Il Contenuto (content marketing) come Lead Magnet

In questo caso il contenuto di valore (di valore maggiore a quello precedente) sarà posto a valle di un ingresso nel nostro sito.

Ad Esempio:

  • Se ti iscrivi potrai alla nostra newsletter potrai ricevere tutti gli aggiornamenti relativi ai temi collegati al Content Marketing
  • Oppure: se ti iscrivi alla newsletter avrai un coupon del 10% sul tuo primo acquisto
  • Se ci chiedi informazioni commerciali potrai dialogare con un uno dei nostri esperti
  • Se ti iscrivi alla nostra area e-learning potrai accedere ad un’area download e di fruizione video…
  • ecc.

 

Il contenuto qui funge da stimolo a concludere l’azione richiesta all’utente: “se fai questo otterrai quest’altro”.  In questo modo, ognuno di noi, certamente, avrà predisposto un apposito funnel di marketing che ci consentirà di consolidare la nostra relazione con questo nuovo lead.

L’utilizzo di Linkedin e l’applicazione di una giusta strategia di Personal Branding per generare leads

Sono da sempre convito che una corretta strategia di personal branding sia alla base di un miglioramento dei risultati di business personali e aziendali, ecco perché questa settimana ho avuto il piacere e voluto incontrare Giovanni Saladino. Lui da anni si dedica al miglioramento delle performance del brand personale dei propri clienti e della brand reputation aziendale. Lo fa utilizzando al meglio una delle poche piattaforme social che consentono ancora un buon posizionamento e generazione di lead attraverso un attività di tipo organico. Lo racconta molto mene con il suo ebook dal titolo “Linkedin, dall’ottimizzazione profilo alla lead generation”.

Ecco cosa ci siamo raccontati in questa chiacchierata:

Azienda: l’importanza di un digital team

Sono da sempre ultra convinto del fatto che, o si decida di fare da soli o si decida di farsi aiutare da un team di esperti per l’approdo della propria azienda sui canali digitali, ci sia bisogno di un “digital team”, cioè di un gruppo di persone che si faccia carico di seguire ed animare la presenza della propria azienda sulla rete.

Partiamo dall’inizio:

  • Prima fase, LA CONSAPEVOLEZZA: Se si decide di muoversi on line, e oggi è quasi imprescindibile, bisogna farlo conoscendone dinamiche, strumenti, modalità per raggiungere:
    • La cosa migliore prima di cominciare è chiedere ai propri consulenti di fare della formazione per conoscere meglio la rete e l’utilizzo che se ne può fare per raggiungere i propri obiettivi di business.
    • Conoscere le dinamiche, le opportunità e i rischi che un’attività digitale comporta è molto importante
  • Seconda fase, LA PROGETTUALITA’: Non entro nel merito di cosa bisogna mettere in campo anche perché ogni azienda deve progettare la propria presenza su web e questa presenza deve essere pensata ad hoc per ogni singola azienda
    • Fissare i propri obiettivi di business
    • Essere consapevoli di quali sono i propri clienti (target e Buyers personas)
    • Conoscere il proprio mercato
    • Conoscere la propria concorrenza e, in particolare, la propria concorrenza sulla rete nell’ambito dei segmenti della propria clientela sul mercato
    • Fissare le proprie strategie
    • Definire il budget necessario al raggiungimenti dei propri obiettivi e all’operatività del progetto

  • Terza Fase, IL DIGITAL TEAM: partiamo dal presupposto che abbiamo scelto di farci aiutare da dei consulenti esterni. E’ assolutamente errato pensare che tutto il progetto, compresa la sua operatività debba essere delegato all’esterno, c’è bisogno di punti di riferimento in azienda,c’è bisogno di un “digital team”.
    • Il Digital team sarà composto da:
      • Il/i consulenti
      • Il management aziendale, ad esempio: il CEO (amministratore/proprietario), responsabile marketing, responsabile comunicazione, responsabile vendite.
      • Una persona (almeno una) che tiene i contatti con i consulenti, che regge i fili con l’operatività aziendale, che lavora direttamente sui canali digitali di concerto con consulenti e management per tenere sempre aggiornati i canali digitali
  • Quarta fase, LA FORMAZIONE DEL DIGITAL TEAM: Serve ad “allenare” la squadra e prepararla per “entrare in campo”
    •    C’è bisogno di rodare i meccanismi di lavoro per cominciare e lavorare serenamente e con profitto insieme.
  • Quinta Fase, LO STARTUP E LA GESTIONE: di questa fase ne ho parlato tante volte e qui non mi soffermo più di tanto e ci tornerò.
  • Sesta fase, LA VERIFICA DEI RISULTATI E LA CORREZIONE DELLA ROTTA:  Anche di questa fase ne ho parlato tante volte e ci tornerò. E’ chiaro che durante l’operatività del progetto vanno misurati i risultati e consultati i dati a disposizione e, se necessario, apportando le modifiche necessarie a migliorarli.

Ma qual’è la “morale” di questo mio post?

Semplice: nella lunga esperienza che ho avuto in questi anni con aziende e clienti le cose sono sempre andate meglio quando l’azienda in prima persona ci ha messo del suo e ha partecipato con propri uomini al progetto.

Concludendo: formazione e team aziendale, con una buona squadra di consulenti, sono fondamentali per il proprio successo on line

 

Aziende, quale proposta di valore per la fase 2 e successive

Buongiorno a tutti e tutte, non credo di avere ricette utili a risolvere qualsiasi situazione, ma certamente mi sto ponendo il problema di come poter affrontare la fase due e le successive dopo una sbornia colossale di e-commerce e utilizzo della rete per vivere, lavorare e riempire le proprie giornate.

Le statistiche di vendita pubblicate da tantissimi, giornali, blog, portali e-commerce, ci dicono che gli italiani e non solo loro, non potendo uscire di casa hanno rivolto la loro attenzione all’unica “via d’uscita” che avevano in casa dall’inizio di marzo e fino ad oggi e cioè internet.

Dopo questo enorme periodo di chiusura o riduzione delle attività, come ne vengono fuori le aziende che sono state chiuse e che dal 4 e/o nelle settimane successive dovranno ripartire?

In questo periodo è chiaro che i marketplace l’hanno fatta da padrone, coloro i quali avevano già un ecommerce avviato e in grado di vendere lo hanno fatto abbastanza bene. Ma come ne vengono fuori coloro i quali come filiera di vendita avevano solo dei distributori e coloro i quali basavano i propri incassi solo sul proprio negozio e attività fisica?

Secondo me è su di loro, anzi con loro, che bisogna concentrarsi per capire come affrontare la fase 2 partendo da un presupposto o da un assunto:

  • Gli italiani, anche quelli più restii a utilizzare la rete per risolvere i propri problemi quotidiani in questo periodo, gioco forza, hanno superato questo tabù e, pur se non continuando, una volta usciti di casa a comprare con lo stesso ritmo on line, cominceranno per forza di cose ad utilizzare la rete, magari provando qualche disagio a comprare sui portali dei grandi player e non trovando di fronte a sé, nell’acquisto, la sorridente espressione del proprio commerciante di fiducia.

Ma che si fa? Chi ha un’attività si deve piegare all’ineluttabile e deve abbandonare il campo ? Si deve buttare con tutte le sue forze nella nuova avventura on line?

Quindi, cosa si deve fare?

E’ un concetto che proverò a sviluppare anche in post e interventi successivi a questo ma secondo me:

  • Il negoziante deve oggi affacciarsi alla rete, deve aprire il suo canale e-commerce, ma lo deve fare con quella che è la sua proposta di valore, a mio avviso:
    • Il suo sorriso e la sua disponibilità: sempre rassicuranti verso i propri clienti
    • La sua stretta di mano: cioè quella capacità di ispirare sempre e comunque quella fiducia che stata la sua arma vincente nel corso degli anni passati.

Cosa vuol dire tutto ciò? Vuol dire che:

  1. Deve diventare punto di riferimento sulla rete “come negozio di vicinato”, dove per “vicinato” oggi intendo più quello della vicinanza morale nei confronti del cliente (il famoso sorriso) che quello della vicinanza fisica (vicinanza a casa).
  2. Non è detto che tutta la vendita debba concludersi on line: si potrebbe concludere al momento della consegna, presso il cliente, o al momento della consegna presso il punto vendita (la famosa stretta di mano – sicuramente virtuale al momento)

In pratica c’è da reinventarsi senza arrendersi, c’è da pensare al futuro, come un futuro certamente difficile (specialmente nell’immediato), ma che se affrontato con i giusti approcci può aprire anche nuove strade al business.

Un piccolo cenno, ma il tema è enorme… In questo periodo per certi versi è il saltato l’anello della catena distributiva per le aziende che producono: alcune si sono fermate (quelle che dovevano), altre hanno cominciato a vendere direttamente ai consumatori… Un tema scottante che certamente farà parlare di sé sia tra i produttori che tra i distributori.  Se vi va ne parleremo.

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