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2016, l’anno della politica “strana” e della “colpa” dei “Social”

Si chiude un anno nel quale di cose ne sono successe. Non starò qui a fare la disamina dell’intero anno, ma certamente voglio focalizzarmi su tre aspetti e tre avvenimenti politici molto importanti: la Brexit, la vittoria di Trump,  la sconfitta del SI e di Renzi nel referendum costituzionale.

In alcune disamine veloci e superficiali di questi avvenimenti qualcuno ha detto che è stata colpa dei “social”, del fatto che sui social si disinformi, che il populismo cavalchi la rete e condizioni pesantemente i cittadini facendoli “sbagliare” nel voto.

Partiamo dalla Brexit, l’allora premier inglese Cameron ha puntato sul referendum per rafforzare la sua leadership  e brexitper dimostrare una volta per tutte che i cittadini britannici fossero per l’Europa.

I sondaggi gli davano ragione e  davano per vincente la fazione contraria alla Brexit, ma il risultato referendario ha visto senza ombra di dubbio vincenti i fautori dell’uscita della GB dall’Europa.

Un errore di comunicazione ? Una campagna scorretta e disinformante dei fautori della Brexit ? Trionfo del Populismo e del nazionalismo ?

Forse. Però io credo più nell’incapacità del Governo inglese di comprendere il disagio vissuto dai propri cittadini nel vivere l’Europa in quel momento storico.

Sempre più abbiamo a che fare con politici e partiti non in grado di vivere più in mezzo alla gente, con movimenti che si fidano più del guru di turno, dello stratega, del salotto buono, che delle voci che si ascoltano nelle metropolitane o nelle piazze o da salumiere.

La Clinton, venendo alla vittoria di Trump, non ha saputo interpretare il disagio del cittadino americano medio, trumpnon ha letto le periferie, non ha letto il disagio delle vecchie città industriali, non ha letto la paura dei cittadini verso il futuro.

Trump ha scelto di dire quello che le persone si aspettavano che il futuro presidente dicesse. Ha parlato alle loro pance. Quando un politico, ancor più se “democratico”, non legge più le paure della gente, ma propone ricette, forse giuste, ma non in grado di essere capite, lascia spazio a chi risponde concretamente sia pure con ricette, assolutamente non condivisibili e simil razziste.

Certo Trump dovrà essere in grado di fare ciò che ha detto. Al momento ha corretto sicuramente un po’ il tiro, e una volta alla Casa Bianca forse lo farà ancora di più, ma il dato che voglio far emergere anche qui è che non è il guru della comunicazione che ha fatto vincere o perdere l’uno o l’altro, ma è l’una, in questo caso la Clinton che non è “scesa” tra la gente, non ha capito e non ha letto i bisogni degli americani. E ha perso.

Non sono i social che fanno perdere. Si perde quando si pensa che i social e i media in generale siano sufficienti a vincere. Se la rete virtuale non diventa rete reale, tra la gente, fatta di carne e ossa si perde.

Veniamo all’esempio più vicino a noi, al referendum costituzionale, alla schiacciante vittoria del NO.

Ci sono stati sicuramente errori sostanziali: ad esempio e lo hanno detto tutti, la personalizzazione di Renzi (fatta da lui in primis) del risultato, voleva un plebiscito a suo favore, e l’appiattimento dell’azione di Governo sulla riforma.

Errori strategici, che si è provato a correggere senza alcun risultato.

Poi quell’overdose di comunicazione del Premier in tutte le salse su tutti gli schermi, con sponsorizzate renzieobamasu tutti i social a favore del SI, con personaggi, banche, Confindustria, organizzazioni internazionali e altri schierati per il SI che hanno dato l’impulso definitivo e vincente al NO.

Se un verdetto viene fuori da questo referendum è che occupare tutta la comunicazione non è sufficiente se non c’è chi convintamente, regione per regione, città per città, tra la gente si impegna per raggiungere il risultato.

I Comitati per il SI esistevano, ma erano precettati. I comitati per il NO non avevano mezzi, si moltiplicavano in rete, ma poi facevano centinaia, migliaia di riunioni spontanee per le strade, nei circoli, nei bar, tra la gente appunto.

La grandissima affluenza al voto è il segnale che chi voleva bloccare quella riforma lo ha fatto consapevolmente e convintamente, magari ciascuno per un proprio motivo, ma lo ha fatto. Leggi il blog

Azienda, proposta di valore, user experience, web strategies, è sempre una questione di persone

 

Ho messo al centro delle mie riflessioni rispetto al lavoro da mettere in campo in un’attività che veda protagonista la rete come strumento di comunicazione, relazione o vendita, le persone.

La rete, sia pure come strumento digitale, l’ho sempre vissuta come un “luogo”, una piazza nella quale incontrare persone, professionisti, manager, imprenditori. Quindi persone prima di “partite IVA”.

Un’Azienda quando decide di sbarcare o potenziare il suo business su web, non può che avere bene in mente i suoi obiettivi di business e la proposta di valore che vuole offrire ai suoi clienti. Avere bene in mente le persone che compongono la squadra aziendale, l’esperienza che si vuole offrire ai propri clienti nel processo decisionale che li porterà a scegliere o a vivere l’esperienza d’acquisto, le strategie da mettere in campo sul web.
In tutti questi processi, le persone sono protagoniste ed entrano in relazione.

Clienti, squadra aziendale, utenti del sito e dell’ecosistema aziendale non sono altro che persone. E’ su di loro e con loro che deve essere concentrato il nostro lavoro.

Avrò il piacere di parlare con voi di questo a SMAU il prossimo 26 ottobre alle 12,30, a FieraMilanoCity presso l’Arena Open Innovation a cura di Regione Lombardia. 

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La User Experience, alcuni fattori che la caratterizzano

La User Experience (UX) è un aspetto fondamentale di cui tener conto per il successo o il fallimento di un prodotto sul mercato.
Ma cos’è la User Experience? Troppo spesso si è confusa la UX con l’usabilità del sito o, più in generale di un prodotto, pensando che basti che esso sia facile da usare per rendere positiva l’esperienza del suo utilizzatore. In effetti all’inizio è stato così, cioè si legava la UX alla usabilità.

Per mettere prodotti di successo sul mercato però non basta l’usabilità, bisogna tenere conto di altri aspetti altrettanto importanti.

Sono 7 fattori indicati in un interessante articolo di Nick Kellingley (qui liberamente tradotto) su Integration Design Foundation (https://www.interaction-design.org/literature/article/the-7-factors-that-influence-user-experience) che descrivono l’esperienza degli utenti:

Per ottenere una User Experience positiva bisogna che il prodotto, il servizio, il sito sia:

Utile
Usabile
Trovabile
Credibile
Desiderabile
Accessibile
Produttore di Valore

Proviamo a fare un focus su ciascun aspetto

Utile

Se un prodotto non è utile a qualcuno perché si dovrebbe mettere sul mercato?
Se non ha scopo, se non serve a nulla è molto probabile che non sia in grado di competere con altri prodotti utili. E’ chiaro che per utilità ci si riferisce a quella che vi trova l’utente non quella da noi immaginata. L’utilità è soggettiva e non oggettiva. Anche un prodotto divertente o bello può essere utile.

Anche un gioco, un passatempo possono essere considerati utili anche se non consentono a un utente di raggiungere obiettivi, magari significativi per altri.
Usabile

L’usabilità si occupa di consentire agli utenti di raggiungere con efficacia e in modo efficiente il loro obiettivo finale grazie all’utilizzo di un prodotto. Ad esempio se un video gioco prevede 3 opzioni di controllo contemporanee è improbabile che sia usabile per chi, per il momento almeno, ha solo 2 mani. Leggi il blog

Come faccio a far scadere un post in WordPress ?

Realizzato un sito internet con WordPress, ci può capitare di avere l’esigenza di dover far scadere dei post, oppure, a una determinata data, di spostarli in una determinata categoria.

Di suo, WordPress, non ha una funzione che ci aiuti in questo senso, ma esiste un Plugin veramente interessante che si chiama “Post Expirator”

Con “Post Expirator” l’utente può impostare la data di scadenza del suo post o della sua pagina decidendo dipostexpirator_screenshot-1 cancellare il post, di rimetterlo in bozza, di spostarlo in un’altra categoria, ad esempio archivio.

La data di scadenza decisa può essere visualizzata all’interno del post utilizzando, per ottenere questa informazione in chiaro, il tag [postexpirator].

All’interno del backoffice nella fase di inserimento del post o della pagina avremo, nella colonna destra del CMS (content management system) ci sarà il box dedicato alla gestione della data di “scadenza del Post” non configurandola il post o la pagina resteranno on line sempre e in quella forma come accade normalmente con WordPress. Leggi il blog

I Social Network nelle emergenze, “Facebook Safety Check”

Non mi era mai capitato, per fortuna, di utilizzarlo e quindi mi era quasi passato sempre inosservato il servizio di Facebook denominato “Safety Check”. Cos’è: detto in poche parole è lo strumento che il famoso social network mette a disposizione per verificare se amici e parenti stanno bene, se in una zona di crisi, o di attentati, o altro come successo purtroppo oggi, oppure per rassicurare gli altri nello stare bene.

Come me ne sono accorto ? Semplice, due miei amici in queste ore sono a Bruxelles ciascuno per conto suo e, verificando FB che sono miei contatti, mi ha segnalato che sia l’uno che l’altra stanno bene.

Un servizio semplicissimo perché consente di segnalare le proprie condizioni, e perché consente, senza tentativi estenuanti di cercare di telefonare, di farlo simultaneamente ai propri contatti.

Non appena saputo degli attentati, oggi, Facebook ha attivato il Safety Check e ha consentito a tutti gli utenti presenti nella Capitale belga che ne avessero la necessità e la possibilità di segnalare le proprie condizioni. Fatto ciò i contatti ricevono comunicazione non appena accedono alla loro bacheca. Ecco il link utile a conoscere le info dei propri contatti oppure utili a segnalare le proprie condizioni.

Qui possiamo dire con certezza di avere a che fare con un caso di studio perfetto per parlare dell’utilizzo dei Social Network nelle emergenze.

C’è ancora chi pensa che è una questione di comunicazione

Mi capita spesso di chiacchierare con imprenditori che pensano che, delegando la comunicazione dell’azienda a una terza parte si sono liberati di questo onere.

C’è poi chi pensa che la comunicazione sia una branca dell’azienda completamente a sè stante e che quindi una volta organizzata sarà lei a operare in autonomia.

Possiamo dire che la comunicazione dell’azienda è un output rispetto all’attività aziendale ?

Possiamo dire che senza gli input fatti di: strategia, visione, organizzazione, coinvolgimento, rete di relazioni fuori e dentro l’azienda la comunicazione del terzo millennio non ha ragione di esistere ?

Direi di si. Possiamo avere dei bravissimi esperti in comunicazione, ma se non forniamo loro “benzina” e “linfa vitale” essi potranno anche partire con entusiasmo, ma prima o poi si fermeranno perché avvertiranno una forte dicotomia tra ciò che pubblicano e condividono e ciò che l’azienda realmente fa.

L’Azienda di contro si renderà conto che pur avendo investito in uomini e/o mezzi non avrà ottenuto risultati apprezzabili e dirà che quelli della comunicazione non ottengono risultati.

Ecco, è il caso di ripensarsi. Oggi la comunicazione è complessa. Non è un fatto di sola creatività, ovviamente sempre importantissima, anzi è fondamentale, ma è un dato di fatto che senza un pieno coinvolgimento dell’impresa nel comunicare essa sarà asfittica perché perderà presto di propulsione.

Se fino a ieri la comunicazione raccontava l’azienda, oggi la comunicazione è l’azienda, con la sua mission, i suoi valori, le sue “persone”, i suoi clienti, i suoi partner, i casi di successo. L’azienda si racconta, ma soprattutto l’azienda è raccontata da chi la vive e da chi ha avuto o ha a che fare con essa… Leggi il blog

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