NELL’ERA DEI SOCIAL NETWORK, L’IDENTITA’ E’ UN PATRIMONIO

Si fa presto a dire “privacy” ! Specialmente in un era come quella del web, del web 2.0 e dei Social Network nei quali è necessario lasciare i propri dati personali per poterci registrare e poter interagire con gli altri utenti.

Se da più parti si dice che la tutela della privacy è un valore, è vero anche che questo valore è per gran parte in mano nostra.

E’ ormai risaputo, e ciascuno di noi è in grado di verificarlo di persona, che ci sono social network nei quali la registrazione è completamente gratuita, altri dove si paga per ottenere dei servizi.

E’ vero anche che il problema non sta solo nei social network, ma in tutto il web 2.0 e, oserei dire, in tutto il mondo che ci circonda.

Si, tutto il mondo che ci circonda ! Perché secondo voi quando al supermercato fate passare la vostra fidelity card per mettere punti oppure ottenere uno sconto lo fate gratis ? Lo fate andando a registrare i vostri acquisti e collegandoli alla vostra identità. Facendo registrare così, al vostro negoziante,  gusti e possibilità economiche.

Sul web è la stessa cosa. Secondo voi Google e tutti i maggiori player della rete vi fanno iscrivere, vi forniscono servizi gratuiti, vi informano, solo per filantropia o solo per poter piazzare il loro advertising.

Anche lì c’è una consapevolezza (o almeno ci dovrebbe essere) da parte nostra. Cediamo una parte della nostra sovranità sulla nostra identità e sulle nostre abitudini in cambio di servizi che sono grautiti perché in realtà oggetto di un cambio merci tacito tra le due parti.

Io acquisto servizi per me utili e ti pago con una parte dei miei dati e delle mie abitudini.

L’identità, nell’era dei Social Network, è a tutti gli effetti una delle maggiori e più utilizzate monete del mondo, se non la più utilizzata.

Più che fare delle crociata contro i “profanatori” della privacy, io farei e suggerirei una campagna di “cosapevolizzazione” del valore della propria identità.

Cioè ciascuno di noi può cedere parte della propria identità in cambio di servizi. Quello che c’è da fare però è scegliere bene a chi cedere questi dati e in cambio di che cosa. Una sorta di negoziazione tacita.

Se pensiamo cioè che l’iscrizione a un portale potrebbe non esserci utile, non iscriviamoci, altrimenti “avremo pagato” in cambio di nulla.

Altra riflessione che voglio fare è questa: il mito del gratuito e la colpevolizzazione del servizio a pagamento non sembre parte da presupposti giusti.

Semplicemente nel caso del gratuito ho deciso di pagare con me stesso, con il servizio a pagamento ho deciso di pagare in Euro o in Dollari.

La differenza sta lì.

Non so se e quale tipo di reazioni possa innescare questo mio pensiero. L’unico consiglio che posso dare è che il rilascio di informazioni sulla rete deve essere fatto con saggezza, senza dare informazioni troppo sensibili per quanto riguarda la nostra sicurezza e poco utili allo scambio tacito di cui sopra.

Insomma “acquistiamo” servizi con la “currency identity”, ma non lasciamo il resto come mancia !